Recentemente un paziente mi ha fatto riflettere sul fatto che molte persone non sanno che cosa accade durante un percorso di psicoterapia. Spesso cerchiamo di comunicare alle persone i servizi che offriamo e di sfatare i pregiudizi che ruotano intorno alla nostra professione, tuttavia non è sempre chiaro cosa accade concretamente nello studio dello psicoterapeuta.
Se non ci siamo mai rivolti ad un particolare tipo di professionista, è normale non sapere cosa aspettarsi e magari avere anche qualche dubbio o preoccupazione che può anche portarci a rimandare la nostra richiesta di aiuto. Possiamo cercare di capire “come funziona” la psicoterapia cercando informazioni su internet o chiedendo a qualcuno che ha fatto o sta facendo un percorso o che lavora nell’ambito, tuttavia non è detto che ciò ci chiarisca del tutto le idee ed inoltre ogni esperienza è personale e non generalizzabile.
La prima cosa da sapere è che gli psicoterapeuti non sono tutti uguali. Esistono diversi approcci teorici di riferimento, diversi modi di lavorare a livello pratico e soprattutto essendo persone anche noi avremo differenti modi di porci nella relazione con il singolo paziente.
Suggerisco di riflettere su due aspetti:
- la ricerca ci dice che non c’è un approccio teorico più valido di un altro, ma secondo me è importante sentire che un certo modo di lavorare fa per voi in quel momento della vita. Non date per scontato che i terapeuti siano “tutti uguali” e chiedete direttamente al professionista che avrete individuato “come funziona”, dopodichè se vi sentite sereni provate.
- datevi almeno qualche colloquio di tempo per capire come vi trovate con quel professionista dal punto di vista umano. Lui non vi conosce e voi non conoscete lui, la relazione di fiducia si costruisce nel tempo ed è importante che condividiate eventuali dubbi o sensazioni di tensione o disagio. In questo modo aiutate anche il terapeuta a conoscervi e a capire di cosa avete bisogno. Se poi avete particolari aspettative sul terapeuta, potreste sorprendervi: ad esempio non date per scontato che tutte le donne siano molto empatiche e neppure che vi troverete male se il professionista non è precisamente come lo avevate immaginato.
E a livello pratico come funziona? Per quanto mi riguarda ciò che propongo è di solito questo:
- un primo contatto telefonico per scambiarci informazioni e fissare un primo colloquio. Ad esempio, ho bisogno di conoscere il vostro nome, come mai e per chi state chiedendo un aiuto, quali disponibilità di tempo avete. Voi avrete probabilmente bisogno di sapere dove ricevo, la mia disponibilità, i costi. Chiedete quello che volete sapere senza timore.
- durante il primo colloquio sarà necessario vedere insieme i moduli relativi al consenso informato e alla privacy.
- i primi incontri sono colloqui di consulenza utili per capire meglio chi si ha di fronte, quali sono le aree in cui si vive una difficoltà, se ci sono stati percorsi precedenti, quali potrebbero essere gli obiettivi principali. Non preoccupatevi se provate solo una grande confusione: parlare serve proprio a fare più chiarezza e a capire su cosa si potrebbe lavorare insieme e come. Vi spiegherò come lavoro, potrete esporre eventuali dubbi e capiremo insieme il tipo di percorso più adatto in base alla situazione. Dopodichè sarete liberi se accettare o meno la presa in carico proposta.
- i contenuti del percorso e la cadenza delle sedute dipendono di solito dagli obiettivi e dal tipo di presa in carico (es. di solito propongo sedute settimanali per le terapie individuali e quindicinali per le terapie di coppia o familiari). Ogni seduta dura 60 minuti. In generale durante gli incontri ci sediamo su normali poltroncine e ci confrontiamo usando gli strumenti dello scambio verbale e della relazione terapeutica che creeremo man mano. A volte è utile usare strumenti quali fotografie, libri, colori o dare qualche compito tra una seduta e l’altra, ad esempio osservare con attenzione un qualche aspetto della propria vita, mettere dei pensieri per iscritto, portare un oggetto personale, ecc. Non uso tecniche standardizzate a seconda del sintomo e neanche test (se si valuta opportuna una valutazione psicodiagnostica si concorda insieme l’invio ad un collega).
- Lavorando insieme ci si renderà conto di come sta andando il percorso, di cosa serve, di quando sarà il momento di diradare gli incontri per andare verso la conclusione della terapia.
- Nulla vieta che durante possiate decidere di interrompere la psicoterapia anche prima. Sarebbe però importante condividere il vostro pensiero con il professionista per comprenderne insieme i motivi, verificare se ci sono possibili soluzioni alternative e anche in caso contrario salutarsi senza lasciare cose in sospeso.
Dunque in psicoterapia si parla, ci si confronta, si condividono emozioni, sensazioni, pensieri, punti di vista. Il lavoro terapeutico è una sorta di esplorazione congiunta: si parte dai frammenti che ciascuno porta (un vissuto, un sintomo, una riflessione, un episodio particolare) e si cerca di allargare lo sguardo a tutte le aree di vita più importanti e alla storia personale e familiare, per dare un senso alle cose come se componessimo un grande puzzle. Facendo maggiore chiarezza diventa possibile capire chi siamo, quali sono i nostri bisogni, in che direzione vogliamo orientare la nostra vita.
Per me due cose in particolare sono importanti:
- che il paziente senta di poter condividere senza sentirsi giudicato, banalizzato o forzato a parlare di una certa cosa in quel particolare momento. Non c’è nulla di stupido, sbagliato o cattivo e l’obiettivo è dare un senso alle cose e capire meglio come funzioniamo, dunque i punti di vista, le emozioni, le riflessioni sono importanti sia da parte del paziente che da parte del terapeuta.
- che ci sia chiarezza rispetto all’impegno richiesto. Mi metto a disposizione del paziente e chiedo altrettanto impegno. Vedersi una volta ogni tanto o aspettarsi che sia il terapeuta a risolvere magicamente le cose in qualche incontro non rende possibile lavorare bene insieme: i primi a dover trovare la motivazione per occuparvi di voi stessi siete voi e io ho fiducia che possiate farlo. Ricordate che l’obiettivo del terapeuta non è quello di rendervi dipendenti da lui, ma anzi è quello di favorire la consapevolezza e l’autonomia nell’affrontare le sfide della vita.